La simulazione nei contratti: guida completa all’istituto, ai suoi effetti e alla prova
Introduzione generale all’istituto della simulazione
Nell’ambito del diritto civile italiano, la simulazione rappresenta un istituto di notevole rilevanza tanto nella prassi quanto nella teoria. Essa si verifica quando due o più soggetti stipulano un contratto manifestando una volontà che non corrisponde a quella reale, con il preciso intento di far apparire una situazione giuridica diversa da quella effettivamente voluta. Tale pratica può avere finalità lecite o illecite, ma in ogni caso si distingue nettamente dalla semplice “riserva mentale”, dove la divergenza tra volontà reale e dichiarata riguarda solo una delle parti.
La simulazione, dunque, affonda le sue radici nella volontà comune di creare una “facciata” giuridica, spesso per perseguire scopi che non potrebbero essere raggiunti con un’operazione trasparente. In questo quadro, il codice civile disciplina in modo dettagliato la simulazione, regolando non solo i rapporti tra le parti ma anche quelli con terzi e creditori, nonché gli aspetti relativi alla prova.
Cos’è la simulazione nel contratto e come si manifesta
La simulazione contrattuale si realizza tutte le volte in cui le parti, di comune accordo, decidono di stipulare un contratto solo apparentemente efficace, ossia un accordo che esteriormente sembra produrre effetti giuridici mentre, in realtà, tra le stesse parti tali effetti non si verificano o si verificano in maniera diversa da quanto appare.
All’origine di questa figura vi sono sempre almeno due soggetti che, consapevolmente, manifestano una volontà negoziale non corrispondente alla realtà. Questo aspetto è fondamentale: la simulazione richiede la convergenza della volontà simulatoria fra tutte le parti coinvolte. Se, invece, solo uno dei soggetti manifesta una volontà diversa da quella reale, si ricade nell’istituto della riserva mentale e non in quello della simulazione.
La manifestazione della simulazione può avvenire sotto forma di due “negozi” distinti. Da un lato si ha il cosiddetto “negozio simulato”, ossia il contratto che appare all’esterno e che, formalmente, rispetta tutti i requisiti di legge. Dall’altro lato, esiste una “controdichiarazione” interna, conosciuta solo dalle parti, nella quale viene specificato il reale contenuto dell’accordo o addirittura l’assenza di qualunque volontà effettiva di produrre effetti giuridici.
Un esempio tipico è rappresentato dalla vendita simulata di un bene: un soggetto trasferisce apparentemente un immobile a un altro per sottrarlo alle azioni dei creditori, ma in realtà l’effettivo proprietario rimane il cedente e non viene versato alcun corrispettivo.
Tipologie di simulazione: assoluta, relativa e presunta
La classificazione della simulazione si basa sul contenuto della controdichiarazione tra le parti. Si distingue tra simulazione assoluta, relativa e presunta.
La simulazione assoluta si verifica quando il contratto stipulato tra le parti è puramente fittizio e le parti non intendono in alcun modo produrne gli effetti. In questa ipotesi, il negozio simulato è privo di qualsiasi effetto sia interno che esterno tra le parti stesse.
Diversa è la simulazione relativa, dove le parti, pur stipulando un contratto con una determinata forma e oggetto, intendono in realtà concludere un accordo diverso. In tal caso, il negozio simulato cela un altro negozio, chiamato “negozio dissimulato”, che rappresenta il vero accordo tra le parti. La simulazione relativa può essere oggettiva, se riguarda la causa, la modalità o l’oggetto del contratto, oppure soggettiva, se si riferisce all’identità di una delle parti (ad esempio, interposizione fittizia di persona).
Vi è infine la simulazione presunta, che ricorre quando la sussistenza della simulazione emerge in modo indiretto, sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, soprattutto quando si sospetta che il negozio dissimulato abbia contenuto illecito.
I requisiti essenziali della simulazione nel contratto
Affinché la simulazione possa dirsi validamente costituita, devono essere presenti alcuni requisiti fondamentali. Innanzitutto, è necessario che siano coinvolti almeno due soggetti che manifestano congiuntamente una volontà negoziale non corrispondente a quella reale. La simulazione, infatti, è sempre frutto di un accordo simulatorio, cioè di un patto in cui tutte le parti si accordano a rappresentare una volontà diversa da quella effettiva.
Tale accordo simulatorio assume la forma di un vero e proprio negozio giuridico e produce effetti specifici: la negazione degli effetti del negozio simulato, oppure la produzione degli effetti di un diverso negozio dissimulato.
Non costituisce elemento essenziale la redazione contestuale della controdichiarazione, che può essere predisposta anche successivamente ed è soprattutto utile a fini probatori.
Il motivo che spinge le parti a simulare, ossia la cosiddetta “causa simulandi”, non rappresenta un requisito necessario né per la costituzione della simulazione né per la validità del negozio simulato.
Gli effetti della simulazione: tra le parti, verso i terzi e nei confronti dei creditori
Gli effetti che derivano dalla simulazione sono disciplinati in modo puntuale dalla legge e variano a seconda che si considerino i rapporti tra le parti, quelli con i terzi o quelli con i creditori.
Per quanto riguarda le parti contraenti, il contratto simulato non produce effetti tra di loro. Qualora, tuttavia, le parti abbiano voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, il negozio dissimulato dispiegherà i suoi effetti tra le parti, purché siano rispettati i requisiti di sostanza e di forma richiesti dalla legge per quel tipo di contratto. Ad esempio, se dietro una simulata compravendita si cela una donazione, sarà necessario che questa rispetti la forma dell’atto pubblico, altrimenti non sarà efficace nemmeno tra le parti.
Nei confronti dei terzi, la disciplina tutela il principio dell’apparenza giuridica, ossia la fiducia che i terzi ripongono nella realtà così come si presenta formalmente. I terzi in buona fede che abbiano acquistato diritti dal titolare apparente sono protetti, e la simulazione non può essere loro opposta dalle parti contraenti né dai loro aventi causa o dai creditori del simulato alienante. Tuttavia, questa tutela viene meno qualora la domanda giudiziale di simulazione sia stata trascritta prima della trascrizione dell’atto di acquisto da parte del terzo.
I creditori, pur essendo tecnicamente terzi rispetto al negozio simulato, godono di una disciplina peculiare. Possono agire per far valere la simulazione che lede i loro diritti di credito, soprattutto per evitare che i beni del debitore vengano fittiziamente trasferiti a terzi al fine di sottrarli all’azione esecutiva. Nel conflitto tra creditori del simulato alienante e quelli del simulato acquirente, sono preferiti i primi se il loro credito è anteriore all’atto simulato.
La prova della simulazione: regole e limiti
La possibilità di provare la simulazione dipende dalla posizione del soggetto che agisce. Se la domanda di accertamento della simulazione viene proposta dai creditori o da altri terzi, la prova può essere fornita senza limiti, anche mediante testimoni o presunzioni. Questo principio si applica, ad esempio, ai legittimari che intendano tutelare la propria quota di riserva nell’ambito di una successione.
Quando, invece, la domanda viene proposta dalle parti del negozio simulato o dai loro aventi causa, la prova della simulazione è subordinata ai limiti previsti per la prova dei contratti, secondo quanto stabilito dagli articoli 2721 e seguenti del codice civile. Un’eccezione a questo principio si verifica solo se la simulazione viene fatta valere per dimostrare l’illiceità del negozio dissimulato: in tal caso, la prova testimoniale è sempre ammessa.
In giudizio, l’accertamento della simulazione può essere richiesto con un’azione specifica, avente natura dichiarativa e, a seconda dei casi, può essere imprescrittibile (simulazione assoluta) o soggetta a prescrizione (simulazione relativa). Nell’ambito di tale giudizio, tutte le parti che hanno partecipato all’accordo simulatorio devono essere coinvolte, secondo il principio del litisconsorzio necessario. Inoltre, durante il procedimento, può essere proposta in via subordinata un’azione revocatoria, con la quale si chiede la dichiarazione di inefficacia degli atti compiuti in frode ai creditori.
Considerazioni conclusive
La simulazione rappresenta un istituto complesso e dalle molteplici sfaccettature, che trova applicazione in numerosi contesti della vita contrattuale e patrimoniale. Le sue implicazioni giuridiche sono rilevanti sia per la tutela degli interessi delle parti che per la salvaguardia delle posizioni dei terzi e dei creditori. La sua disciplina mira a bilanciare la libertà negoziale con l’esigenza di assicurare la certezza dei rapporti giuridici, la giustizia sostanziale e la tutela dell’affidamento di chi si relaziona con la realtà apparente. Capire le regole che governano la simulazione, i suoi effetti e le modalità di prova è fondamentale per chiunque operi nel campo del diritto civile e per chi desideri proteggere efficacemente i propri interessi patrimoniali e negoziali.