L’art. 13 della legge 24/6/1997, n. 196, stabilisce che l’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali, ma i CCNL possono stabilire una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno.
Questa disposizione autorizza, quindi, l’effettuazione di orari di lavoro inferiori a 40 ore settimanali, intesi anche come media nell’arco di un anno. Con ciò è possibile attuare la flessibilità del lavoro, consistente nell’attuazione di orari superiori all’orario normale, quando è necessario ai fini della produzione, e ridurlo, quando non è necessario.
L’art. 13 della legge n. 196/1997 va, comunque, coordinato con la normativa del R.D.L. 15/3/1923, n. 692, convertito in legge 17/4/1925, n. 473, recante “limitazione dell’orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali e commerciali di qualunque natura”, secondo cui l’orario di lavoro non può superare le 8 ore al giorno o le 48 settimanali di lavoro effettivo.
In proposito si osserva innanzitutto che:
la predetta limitazione non si applica al personale addetto ai lavori domestici, al personale direttivo e ai commessi viaggiatori;
le ore di lavoro soggette alla limitazione sono di lavoro effettivo, con esclusione, quindi, del lavoro discontinuo, di semplice attesa e di custodia.
Il lavoro straordinario (legale) è quello che supera l’orario massimo e a questo proposito occorre distinguere le imprese industriali dalle altre non industriali.
Nelle prime (imprese industriali) il ricorso al lavoro straordinario deve essere contenuto e, in assenza di disciplina collettiva, è ammesso, previo accordo tra datore di lavoro e prestatore di lavoro, per un periodo non superiore a 250 ore annuali e 80 trimestrali. E’ ammesso anche, salvo diversa previsione contrattuale, in casi eccezionali, di forza maggiore, per eventi particolari.
Molto interessante.